Louis Nagot
Lettore di scambio presso l'Università di Genova / Cooperazione scientifica e accademica

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Può parlarci del Suo percorso e di ciò che l’ha portata a diventare lettore di scambio presso l’Università di Genova?
Ho studiato presso l’École Normale Supérieure di Ulm e ho ottenuto l’abilitazione all’insegnamento delle lettere classiche. Di base, sono insegnante di francese, greco e latino. Successivamente, ciò che mi ha portato a Genova è stata una prima esperienza come lettore a Istanbul, in Turchia. È stata la mia prima immersione nell’insegnamento del francese come lingua straniera e mi è piaciuta moltissimo.
Dopo quella esperienza, sono rientrato in Francia per iniziare un dottorato in letteratura comparata. Tuttavia, con il Covid e alcuni dubbi personali riguardo alla mia ricerca, le cose hanno preso una piega diversa. Verso il 2019, mi sentivo un po’ perso, non ero più sicuro di voler continuare il dottorato, e il mio contratto di ricerca stava per scadere.
È stato in quel momento che, per caso, mi sono imbattuto in un’offerta di lavoro come lettore a Genova. Poiché parlavo un po’ di italiano e avevo già fatto un soggiorno di ricerca a Pisa nell’ambito del mio dottorato, l’idea mi ha subito interessato. Inoltre, avevo già un’esperienza di insegnamento all’estero, che si adattava bene al profilo richiesto. Ho inviato la mia candidatura e sono stato selezionato.
È così che sono arrivato in Italia, ormai quattro anni fa, nel 2019.
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Come descriverebbe il Suo ruolo all’Università di Genova e le Sue principali mansioni?
Il mio ruolo come lettore di scambio si divide in due missioni complementari. Da un lato, insegno il francese come lingua straniera all’Università di Genova. Tengo corsi a tre livelli: il secondo anno della laurea triennale, nonché il primo e il secondo anno della laurea magistrale. Si tratta di un incarico d’insegnamento piuttosto classico.
Dall’altro lato, lavoro come responsabile della cooperazione universitaria e scientifica per l’Institut Français, che è il settore culturale dell’Ambasciata di Francia con sede a Roma. Questo incarico rientra nella diplomazia culturale e mira a rafforzare i legami tra Francia e Italia, in particolare nel campo universitario e scientifico. Ciò implica, ad esempio, informare gli studenti italiani interessati a soggiorni di studio in Francia sulle opportunità disponibili: borse di studio, alloggi, pratiche amministrative. Collaboro anche con insegnanti e ricercatori per organizzare eventi come conferenze o incontri scientifici, che riuniscono esperti francesi e italiani su temi prestabiliti.
Due anni fa, ad esempio, ho organizzato una conferenza sull’emergere delle repubbliche nel Medioevo. Una storica italiana e uno storico francese hanno discusso della formazione della Repubblica di Genova tra l’XI e il XII secolo e di sistemi simili nel sud della Francia, come in Provenza o a Tolosa. Questo tipo di evento illustra bene la dimensione collaborativa del mio lavoro.
È un incarico variegato, che combina insegnamento e cooperazione culturale, e che richiede di navigare tra questi due universi. Spero che la mia spiegazione sia chiara, anche se questo mestiere può a volte sembrare un po’ difficile da definire.
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Quali sono, secondo Lei, le principali differenze e complementarità tra gli approcci francese e italiano nell’insegnamento superiore?
Le differenze e le complementarità tra i sistemi universitari francese e italiano sono piuttosto interessanti da osservare. Da un lato, c’è una reale complementarità grazie a quadri comuni come il sistema LMD (Laurea, Magistrale, Dottorato) o gli scambi Erasmus. Questi elementi creano una certa permeabilità tra i due sistemi. Uno studente francese o italiano che decide di studiare nell’altro paese non si sentirà completamente spaesato. Le strutture di base sono simili e l’integrazione avviene in modo piuttosto fluido.
Detto ciò, esistono delle specificità significative. Ciò che mi ha colpito molto entrando nel sistema italiano, da francese, è il fatto che gli studenti possano rifiutare un voto o scegliere di sostenere un esame quando si sentono pronti. Questi due aspetti riflettono una filosofia diversa: in Italia, lo studente è davvero al centro del proprio apprendimento. Ha un ruolo attivo nella costruzione del suo percorso e può esercitare un certo controllo sulla propria valutazione. Questo approccio gli conferisce maggiore responsabilità, ma anche una certa autonomia, se non addirittura una forma di sovranità sulla propria istruzione.
In Francia, invece, anche se gli studenti hanno una certa libertà nella scelta degli esami opzionali o nella personalizzazione del percorso, rimangono in un sistema più rigido, in cui l’autorità dell’insegnante è raramente messa in discussione. A parte situazioni gravi, come discriminazioni, non esiste un vero dialogo alla pari tra studente e insegnante. In generale, si accettano il voto e il giudizio espressi. Questo rapporto gerarchico è molto marcato nel sistema francese.
Da queste differenze derivano anche relazioni distinte con il sapere e con l’autorità. In Italia, ho l’impressione che i rapporti tra docenti e studenti siano più informali, più rilassati. Non è un giudizio di valore, non è né meglio né peggio, ma è un modo diverso di interagire. Forse questa sensazione dipende dalla mia esperienza personale: in Francia, ho studiato all’École Normale e alla Sorbona, dove i corsi erano tenuti da professori molto formali, spesso in giacca e cravatta. Per contrasto, questa maggiore vicinanza che osservo in Italia risulta ancora più evidente.
Alla fine, queste specificità riflettono due visioni diverse dell’apprendimento e del rapporto docente-studente. Ognuna ha i suoi punti di forza, ed è proprio questa diversità che arricchisce l’esperienza degli studenti che navigano tra questi due sistemi.
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Qual è, secondo lei, il maggiore contributo della francofonia in Italia?
Il vantaggio principale della francofonia per l’Italia è, innanzitutto, un’opportunità sia economica che culturale. La prima cosa che mi viene in mente, forse perché vivo a Genova, una città profondamente legata a questi ambiti, è il ruolo del turismo e degli scambi economici. I francesi sono da sempre grandi ammiratori dell’Italia: amano profondamente questo paese, sia per la sua arte, la gastronomia, sia per il suo stile di vita. Questo interesse da parte dei francesi verso l’Italia, questa vera e propria fascinazione, rappresenta una grande opportunità per gli italiani.
La francofonia gioca qui un ruolo chiave: facilita l’accoglienza di questa domanda. Per esempio, ricordo delle vacanze in Piemonte quando ero bambina, in uno chalet il cui proprietario parlava francese. Se non fosse stato così, i miei genitori, che non parlavano italiano, probabilmente non avrebbero mai scelto quel posto. Questo esempio, anche se aneddotico, illustra chiaramente quanto la francofonia possa aprire porte e favorire scambi concreti.
Oltre al turismo, c’è una dimensione più profonda: quella delle relazioni franco-italiane e della diplomazia. La lingua permette una comprensione reciproca più profonda, un’immersione nello spirito di un’altra cultura. Crea un ponte tra due paesi vicini, che condividono una storia comune, legami culturali forti e una reciproca affinità. Grazie alla francofonia, questi scambi non si limitano a semplici accordi economici o politici, ma si arricchiscono di una collaborazione più autentica e umana.
Alla fine, la francofonia in Italia è molto più di uno strumento: è una risorsa, un’opportunità per rafforzare i già solidi legami tra due nazioni che, sotto molti aspetti, sono destinate a progredire insieme.
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Quali consigli darebbe a uno studente italiano interessato a studiare in Francia?
Consiglierei vivamente a uno studente italiano di intraprendere un percorso di studi in Francia. Per quanto mi riguarda, è stata un’esperienza determinante e, anche dieci anni dopo, continuo a sentirne i benefici. Se qualcuno ha questa ambizione, posso solo incoraggiarlo, perché è un’esperienza arricchente sotto tutti i punti di vista e apre opportunità incredibili.
Il mio primo consiglio concreto sarebbe di consultare il sito Campus France Italia. È una risorsa fondamentale per gli studenti italiani che vogliono studiare in Francia. Questo sito è molto ben organizzato: fornisce tutte le informazioni pratiche e risponde alle domande più comuni. Ad esempio, se si vuole studiare medicina o ottenere una borsa di studio, lì è spiegato tutto. È strutturato in maniera cronologica: inizia dalle domande più basilari, come "Perché studiare in Francia?" o "Quali sono i vantaggi?". Poi illustra passo dopo passo le procedure necessarie una volta presa la decisione: le formalità amministrative, come trovare un alloggio, gestire la vita quotidiana – dal cibo all’assistenza sanitaria. È una vera miniera di informazioni per pianificare il progetto in maniera chiara e organizzata.
Certo, è pur sempre un sito internet, quindi un po’ impersonale. Per questo consiglio anche di parlare con persone che hanno già vissuto questa esperienza. Confrontarsi con qualcuno che ha studiato in Francia permette di capire meglio cosa implica questa scelta, cosa hanno apprezzato e quali benefici ne hanno tratto. Anche una semplice telefonata, come stiamo facendo ora, può essere molto motivante e rendere il progetto più concreto. Trasforma un’idea astratta in qualcosa di reale e tangibile.